martedì 21 aprile 2015

LA PRIVATIZZAZIONE DI AUTOSTRADE PER L'ITALIA

Dal controllo dell’IRI alla gestione Gamberale

Alla fine degli Anni ’90 si assiste in Italia all’avvio di un importante piano di privatizzazioni: lo Stato ha infatti l’obiettivo, da una parte, di recuperare le risorse economiche per abbattere il debito pubblico, dall’altra, di incrementare l’efficienza delle aziende attraverso il coinvolgimento di privati. Tra le società che rientrano nel progetto, si segnala in particolare Autostrade per l’Italia, la cui privatizzazione avviene in due fasi distinte, sotto la supervisione del Comitato Privatizzazioni.
Sino ad allora, la Società è controllata all’87% dall’IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale, ente pubblico che perseguiva obiettivi di politica industriale - mentre un restante 13% è costituito dal flottante di Borsa.
La prima fase della privatizzazione di Autostrade si realizza tra giugno e ottobre 1999, con una gara che si prefigge l’obiettivo di cedere, a un gruppo stabile di azionisti, una quota del 30% della Società. Ad aggiudicarsela è una cordata guidata dal Gruppo Benetton - insieme ad Acesa (oggi Abertis), Fondazione CRT, Unicredit e Assicurazioni Generali - che si assicura così il 30% del capitale di Autostrade.
Una seconda tranche della privatizzazione si completa invece nel novembre del 2003 attraverso un’OPA - Offerta Pubblica d’Acquisto - per una quota del 56,6%, che viene collocata in Borsa con un prezzo iniziale di 6,75 euro per azione.
Tale operazione porta ad una capitalizzazione del 100% di Autostrade per l’Italia, per un totale di 8,1 miliardi di euro, il premio più alto raggiunto dalle privatizzazioni verso la fine degli Anni ’90.
Con l’obiettivo di migliorare l’efficienza aziendale e promuovere nuovi investimenti, gli azionisti di Autostrade imprimono un cambio di passo che darà ben presto i primi risultati. Nel 2000 prende avvio la gestione del manager Vito Gamberale che, nominato in quell’anno Amministratore Delegato della Società, resterà al vertice di Autostrade per sei anni, guidandola attraverso un processo di rinnovamento, innovazione ed internazionalizzazione. In quegli anni, Autostrade si afferma come una vera e propria multinazionale.
Nel 2003, intanto, il nucleo stabile degli azionisti passa dal controllo di una quota del 30% ad una quota del 50,1%. Un mutamento, questo, che assicura un controllo più stabile dell’Azienda ed una struttura finanziaria più equilibrata tra debito e capitale. Nello stesso anno, inoltre, il nuovo assetto azionario si traduce in una riorganizzazione del Gruppo Autostrade SpA, che conferisce tutte le sue attività autostradali ad Autostrade per l’Italia SpA, società interamente controllata dal Gruppo.
Grazie al processo di privatizzazione, lo Stato incassa complessivamente quasi 7 milioni di euro, facendo ricadere sugli investitori gli oneri relativi al piano d’investimento per la Variante di Valico, un progetto fermo da 15 anni. Anche grazie a seguito del processo di privatizzazione, inoltre, tra il 2002 e il 2007, Autostrade per l’Italia investe più di 21 miliardi di euro sul potenziamento della rete, una cifra 6 volte superiore a quanto investito precedentemente alla privatizzazione.



PRIVATISATION OF AUTOSTRADE PER L'ITALIA

From the control by IRI to Gamberale's management

In the late 90s, an important privatisation plan was launched in Italy as the Government aimed to recover economic resources to reduce public debt on one hand, and on the other, to increase companies' efficiency involving private entities. A particular case among the companies participating in the project was Autostrade per l'Italia, which underwent a two-phase privatisation supervised by the Privatisation Committee.
Until then, the company was 87% controlled by IRI (Istituto per la ricostruzione industriale ─ a public entity pursuing industrial policy targets), the remaining 13% were accounted for by floating shareholders.
Autostrade's first privatisation phase was accomplished between June and August 1999 with a tender aiming to sell the company's 30% share to a solid group of shareholders. The alliance led by the Benetton Group together with Acesa (now Abertis), the CRT Foundation, Unicredit and Assicurazioni Generali won the tender, gaining the company's 30% share.
A second privatisation phase was then completed in November 2003 through a public bid for a 56.6% share listed on the stock market with the initial price of 6.75% Euro per share.
This transaction led to a 100% capitalisation of Autostrade per l'Italia, for a total of 8.1 billion Euros ─ the highest price recorded among the privatisations in the late 90s.
Aiming to improve the company efficiency and foster new investments, Autostrade's stakeholders forced a shift in pace that would soon prove to be effective. In 2000, Vito Gamberale was appointed CEO of the company, remaining at Autostrade's top management for six years, through which time he led the company through a renovation, innovation and internationalisation process. During the years of his management, Autostrade established itself as a true multinational company.
Meanwhile, in 2003, the solid stakeholder group increased its control share from 30% to 50.1%, a shift that allowed for a more stable control on the company and more balanced debt/asset ratio in its financial structure. Moreover, that same year the new shareholder structure called for a reorganisation of the Autostrade SpA Group, transferring all highway services to Autostrade per l'Italia SpA – a company fully controlled by the Group.
Thanks to the privatisation process, the Government cashed almost 7 million Euros, whereas the investors overtook the investment plan costs for the Variante di Valico ─ a project that had been on hold for 15 years. Furthermore, thanks to the success of the privatisation process, Autostrade per l'Italia also invested over 21 billion Euros in the network enhancement between 2002 and 2007, a figure 6-fold higher than the investments before privatisation.